Corte di Cassazione: cumulo di attività di amministratore e lavoro subordinato
La Cassazione, con sentenza 27 gennaio 2022, n. 2487, si è espressa circa la cumulabilità della carica di amministratore e di lavoratore subordinato presso la medesima società di capitali.
Nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha accolto il ricorso di una società stabilendo che spetta all’Ente previdenziale l’onere probatorio in quanto soggetto tenuto alla dimostrazione dei fatti costitutivi dell’obbligo contributivo.
Nel caso di specie, l’INPS aveva disconosciuto, a seguito di accertamento ispettivo, la natura subordinata di due rapporti di lavoro intrattenuti dalla società in quanto entrambi i soggetti erano membri del consiglio di amministrazione in carica della società.
Il giudice di merito aveva ritenuto che il ricoprire per entrambi i lavoratori, altresì, il ruolo membri del Cda della società contrastasse con la costituzione di un rapporto con vincolo di subordinazione nei confronti della società amministrata. Sul presupposto dell’inesistenza di un vincolo di subordinazione, il giudice aveva, pertanto, escluso un rapporto di lavoro subordinato dei due soci e membri del consiglio.
I Giudici di Legittimità, aditi dalla società, hanno invece statuito che “sono cumulabili la carica di amministratore e l’attività di lavoratore subordinato di una stessa società di capitali, purché sia accertata, in base a una prova di cui è necessariamente onerata la parte che intenda far valere il rapporto di lavoro subordinato, l’attribuzione di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale e il vincolo di subordinazione, ossia l’assoggettamento nonostante la carica sociale, al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società”.
Tale circostanza ricorre “qualora sia individuabile la formazione di una volontà imprenditoriale distinta, tale da determinare la soggezione del dipendente/amministratore ad un potere disciplinare e direttivo esterno, sì che la qualifica di amministratore costituisca uno “schermo” per coprire un’attività costituente, in realtà, un normale lavoro subordinato: così risultandone provata la soggezione al potere direttivo e disciplinare di altri organi della società e l’assenza di autonomi poteri decisionali”.
Con riguardo al caso oggetto di sentenza, come anticipato, gli Ermellini hanno ritenuto che l’onere probatorio spettasse all’ente previdenziale, in quanto soggetto tenuto alla dimostrazione dei fatti costitutivi dell’obbligo contributivo.
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